installazione Priamar

“Terre di nostro mare” 2010

(installazione permanente, fortezza del Priamar, Savona)

Le mie “Odalische”, le “Osmunde” modellano l’assenza, il “Pneuma vuoto” di cui vogliono farsi impronta.

Origine e fine si abbracciano nel gesto artigiano che, ripetitivo, costruisce dal basso, salendo verso un oscillante polo siderale.

Il moto del fare circolare-tautologico intorno al centro cavo individua l’asse cosmico delle mitologie.

Così, come in una preghiera che corrisponde all’atto cosmogonico, si definisce una forma come un “Mandala” tridimensionale, uno “Stupa”, una “Ziqurrat”, una “Dea”: l’archetipo di un tempio contemporaneo.

Il decoro infine, è scrittura del gesto, una calligrafia che reca nel suo stile lo stesso canone che origina queste figure.

Le misteriose figure di Claudio Carrieri

Claudio Carrieri è un artista che utilizza la ceramica per fini espressivi dai più volte richiamati o sottolineati connotati simbolici.

Ha realizzato Forno Drago (una grande scultura in refrattario a forma di drago utilizzabile anche per cuocere le ceramiche) e una serie di Odalische, realizzate a colombino, che, collocate preferibilmente in circoscritti ambiti naturali, emergono dalla terra come i simulacri di divinità ctonie improvvisamente emerse. Dell’abisso, le sue sculture conservano le colorazioni date dalle muffe e dall’umidità e anche i morbidi avvolgimenti anulari del colombino le assimilano ai corpi molli e sinuosi dei ciechi abitanti delle profondità.

I corpi acefali non denotano alcuna volontà, o possibilità, di comunicazione ma, più propriamente, affermano unicamente la loro esistenza nei riguardi di una contemporaneità ormai così completamente disassuefatta alla sorpresa e al “miracolo” da trasportare nella sfera dell’eccezionale tutte quelle realtà che non rientrino nella più prosaica quotidianità.

Il fascino esercitato da quanto è sconosciuto, comunque, permane e, con esso, l’attrazione verso quanto è misterioso o recondito. Desunte, in parte, dalla primordiale esperienza del vasaio, dalle primitive raffigurazioni scultoree della Dea Madre o dai vasi canopi, le sculture di Carrieri aspirano a una comunicazione di tipo simbolico, quasi sul solco delle raffigurazioni scultoree sparse nelle chiese medievali. Non tutto è comprensibile per via razionale e, soprattutto, non lo è quanto affonda in ataviche paure e in perduranti archetipi. Emersa dalla buia terra, ogni figura femminile di Carrieri sembra contenere le ceneri di antiche generazioni ma, anche, i segni di una promessa di fertilità come accennano i ventri pieni e gli ampi fianchi. Come la terra sa continuamente rigenerarsi, sembra dire questo singolare artista-filosofo della ceramica, anche le sue forme e le forme della vita sono soggette a questo ritmo circolare ed eterno.

Entriamo nel Bosco di Bomarzo proposto da Carrieri al XXI secolo e avventuriamoci in una singolare esperienza popolata da misteriose figure e da “mostri” benigni.

 

Franco Bertoni