Mama Wa Rangi e il vascello farfalla

Mama wa Rangi e il vascello farfalla

 

  • Da quando Baba wa Waungu creò il mondo, gli Wanaume abitavano la dolce Dunia ricca di verdi pascoli e amabili frutti.

 

  • Le loro genti si tingevano la pelle con i colori della terra: Watu Njano giallo, Watu Nyeupe bianco, Watu Nyekundu rosso, Watu Weusi nero. Tutti gli Wanaume prosperavano in pace, allevavano grasse ng’ombe (mucche), cacciavano la gazzella, commerciavano preziosi tessuti e monili.

 

  • Un giorno il pepo (demone) dell’aridità, geloso della fecondità di Dunia, la maledì. Spalancò le porte del deserto, che, anno dopo anno, inghiottì pascoli e raccolti. Vennero così la siccità e terribili carestie; gli uomini conobbero la crudeltà. Il sangue sparso nelle guerre fratricide irrorava la terra senza placare la sua sete d’acqua. I leoni, spinti dalla fame, riuscirono a penetrare i recinti e fecero stragi.

  • Baba wa Waungu, rattristato da tutto quel male, inviò quattro angeli: Moyo (cuore), Uharara (ardore), Hekima (saggezza), Upendo (amore), per fermare lo sterminio delle sue creature. Questi pacificarono gli animi. I capi delle tribù deposero le armi, si sedettero a consiglio e decisero di chiedere aiuto alla gigantessa Kubwa rangi Mama.

 

  • La Grande Madre dei Colori abitava in kichaka cha miti simba (la boscaglia degli alberi del leone) e conosceva la storia scritta nella gerla dai patriarchi.

 

  • I messaggeri, inviati a cercarla, la trovarono sdraiata fra i rami di un enorme baobab che dormiva profondamente, teneva in grembo due grandi leoni, che parevano piccoli e inoffensivi, come gattini; provarono a scuoterla, ma non si risvegliò. Credendola morta e temendo che i leoni li attaccassero, disperati tornarono ai loro villaggi.

 

  • Kubwa rangi Mama fece un sogno. Si vide: piccola come una donna, velata, avanzava, un poco avanti a sè, nel deserto. Il sole  abbagliava; si fermò davanti a qualcosa che emergeva dalla sabbia, sembrava il teschio di un bufalo; ma subito le ossa si dissolsero in una nuvola di  variopinte farfalle, che sciamarono in vortici ondeggianti tessendo nell’aria nodi invisibili. Le farfalle scesero a posarsi sulle sponde di una culla, dove due gemelle, una bianca, una nera, dormivano; si sporse verso di loro, ma le farfalle s’involarono nuovamente e, trasportando la navicella, scomparvero nel cielo.

 

  • Destatasi dal sonno, la Madre dei Colori cominciò un cesto; fece sottili nastri con la forte fibra dell’albero del leone e li annodò, come un volo di farfalle. Intrecciava spedita, le sue dita, agili come quelle di una fanciulla, sfioravano la musica segreta scritta in quei nodi. Così, tessendo, cantava e il canestro cresceva, cresceva.

  • Mtu udì il richiamo della Grande Madre e corse a portare la buona notizia, che si sparse velocemente da famiglia a famiglia, di villaggio in villaggio.

 

  • Quando il canestro, che aveva l’aspetto di una navicella, raggiunse una dimensione adatta a contenere un’intera tribù, lei posò il lavoro e iniziò un nuovo canestro. In verità, nella trama di quei panieri, Mama wa Rangi ordiva gli aerei nodi di pace e fratellanza, che le erano apparsi in sogno.

 

  • Tutti venivano per ammirare i grandi canestri di Mama wa Rangi e ascoltare le sue storie. Narrò delle origini, delle stelle e della discesa sui verdi pascoli. Cantò della caccia al leone, e delle gesta degli eroi.

 

  • Scordate le preoccupazioni della malasorte, gli Wanaume aiutavano preparando le flessibili strisce di mti simba. Sentivano crescere nei loro cuori nuova speranza.

 

  • Infine Kubwa rangi Mama giudicò che il numero delle ceste bastava. Tessendo le foglie della palma, fece delle grandi pale; ne fissò due a ogni cesta, come ali.

 

  • Il sole, ogni giorno più alto nel cielo, indicava l’arrivo dell’estate. La Madre dei Colori consegnò a ogni tribù una navicella e li esortò: “Dovete festeggiare e rendere grazie, perché i vostri affanni stanno per finire. Da voi discenderanno molti popoli”. Gli altri non capirono le parole di Mama wa Rangi, ma, persuasi dal rispetto che nutrivano per lei, ugualmente decisero di fare come diceva.

 

  • Quando tutto fu pronto, impastarono le terre con l’argilla, prepararono bianco, nero, rosso, ocra, si dipinsero il viso e il corpo, si ristorarono con infusi di erbe, formiche del miele e latte; poi, la notte, danzarono per le stelle e la mattina, esausti, si accasciarono, addormentandosi, al riparo nelle ceste alate.

 

  • Si fece giorno e venne dal deserto un alito d’aria tiepida che rinforzò e, forte, prese fra le sue braccia le ceste, cullandole, le spinse in alto, vicino al Sole; quella luce sfolgorante fissò per sempre i colori sulla pelle dei Wanaume. Poi, i vascelli caddero nei vortici dei venti che li dispersero nell’azzurro.

 

  • Vagarono a lungo, sostenuti dalle ali di palma, sulle vie segrete del fato, planando sui deserti e gli oceani ai confini del mondo. Infine si posarono dolcemente su terre vergini e rigogliose, dove trovarono ristoro e riparo. In quei luoghi gli Wanaume si fermarono, costruirono nuove case e villaggi, si moltiplicarono e generarono nuovi popoli.

 

  • Una cesta approdò qui, nel posto che noi chiamiamo Europa, portava una tribù con la pelle dipinta di bianco caolino. In verità, noi tutti siamo figli di quella prima madre arrivata dall’Africa.

 

  • Ancora oggi la leggenda dei vascelli di Kubwa rangi Mama continua a visitare i sogni di tutti quelli che nel mondo fuggono dalle guerre e dalla fame. Purtroppo la lingua antica dei nodi è andata perduta e molte carcasse giacciono fra le sabbie dei deserti e sul fondo dei mari.